giovedì 24 novembre 2016

Partita a scacchi con il narratore

Lunedì avevo accennato a due differenze che avevo notato tra il primo incipit, "Sentirsi", e questo di "Piccoli piaceri". Una è un inizio di dialogo. La seconda è che stavolta invece di un narratore in terza persona, la storia è raccontata in prima persona ("non mi faccio illusioni", "quando arrivo", ecc.) da un narratore che partecipa alla vicenda.

Non resta a osservare dall'esterno, distante e anonimo. È allo stesso tempo narratore e personaggio.
La differenza è abissale.

Un narratore in prima persona ha per forza di cose un'identità. È qualcuno di riconoscibile per te che leggi, qualcuno che ti sta raccontando una storia che ha contribuito a creare. E oltre ad agire in essa, avrà anche un suo punto di vista, necessariamente limitato, e un suo modo di ricordare/raccontare i fatti che può differire da come si sono realmente svolti. Mentre un narratore in terza persona, slegato da qualsiasi personaggio nel racconto, può permettersi di essere onnisciente (conoscere ogni dettaglio della storia, dal quadro generale fino al singolo pensiero di ogni singolo personaggio) e impersonale, per quanto possibile all'autore (descrivere solo, senza commenti), un narratore in prima persona di solito non è nessuna delle due cose. Non sa tutto, può mentire, omettere dettagli, presentarsi sotto una luce migliore di quanto non sia in realtà. E se non c'è un secondo punto di vista a chiarire la faccenda e svelarti l'inganno, non saprai mai se e quanto il narratore è affidabile. A un narratore in prima persona non bisogna (sempre) credere.

Secondo la mia esperienza è più interessante da scrivere, ma anche più difficile. Perché bisogna filtrare ogni frase attraverso la personalità e il modo di esprimersi di qualcun altro, tener presente quello che può o non può conoscere, adattare metafore e modi di dire, perfino il ritmo della narrazione o gli elementi su cui si concentra o che trascura. Poco male se il narratore è più o meno simile a chi scrive; ma che bella sfida quando appartiene a una cultura, sesso, età, o perfino pianeta diverso! Come giocherebbe a scacchi un simile individuo?


Ma tornando al concorso: avevo il narratore in prima persona, l'inizio e il titolo/tema del racconto. Come già fatto Sentirsi, non ho trascurato di creare una mappa mentale da Piccoli piaceri:


La mappa è meno articolata dell'altra perché in questo caso stavo cercando solo qualche spunto sui "piccoli piaceri" e il loro significato da inserire nel racconto. Inoltre, leggendo gli altri racconti creati con il primo incipit ho scoperto che non era obbligatorio usare il titolo di Giusi Marchetta, perciò a partire da questo mi sono sbizzarrita quanto a titoli.

Del tempo verbale (presente, prima persona) e dialogo (c'è, sia indiretto all'inizio che diretto) ho già scritto.

Restano le classiche domande Who, What, When, Where, Why (Chi, Cosa, Quando, Dove, Perché), e l'analisi approfondita dell'incipit.

Chi? Due persone, una è Caterina, l'altra il narratore dall'identità non specificata
Dove? Una casa, pavimento di una stanza.
Quando? Mercoledì, presumibilmente pomeriggio. Prima di sera.
Cosa? Una partita a scacchi.

La risposta al perché spetta al racconto fornirla. Come anche fare chiarezza sull'identità del narratore e la sua relazione con Caterina.

L'analisi dell'incipit mi ha offerto qualche "indizio" da cui partire.
Non mi faccio illusioni, però: dice tante cose.
 Narratore realista, quasi cinico. Disilluso. Non crede a Caterina.
"Non tocca a me il nero" faccio, come ogni volta.
Azioni e frasi ripetute, parte di un rituale già noto. Il narratore tenta di ribellarsi.
"Sì invece" dice lei, accarezzando i suoi pedoni bianchi come se fossero un piccolo esercito del bene.
Caterina comanda, è gelosa del suo ruolo. Contrasto nero/bianco, male/bene.

Non è molto da cui partire, non è nemmeno chiaro se il narratore sia uomo o donna, ma già comincia a delinearsi un passato condiviso, fatto di innumerevoli partite a scacchi e chissà che altro.
Il resto è da inventare.

A lunedì per il racconto completo, e come al solito, qui sotto ho raccolto le riflessioni su come proseguire dal punto in cui l'incipit si interrompe e le possibili trame da sviluppare.
Leggi solo se non riesci a resistere alla curiosità, a costo di rovinarti la sorpresa, o se preferisci indovinare quale ho scelto per questa storia.




Seguito del racconto: ci sono due modi in cui un incipit del genere può proseguire. 1) concentrarsi sulla partita a scacchi e su quello che succede durante. 2) usarla come pretesto per andare oltre, verso altri "piccoli piaceri". Mi convince di più la prima. In fondo la partita è l'evento tanto atteso, per una intera settimana dalla sua fine. Mi sembra ingiusto trascurarla, con tutta l'aspettativa e l'irrequietezza contenuta nell'incipit.

Possibili trame:
  • Gli scacchi sono davvero "piccoli eserciti" che si combattono, i due giocatori potrebbero essere angeli/dei
  • L'io narrante è una fata. Faccio di tutto per far credere che la creatura fantastica sia Caterina con quello che dice, mentre l'altra è cinica e realista. Capovolgimento finale
  • Caterina è una paziente psichiatrica, il narratore un/una parente o terapeuta
  • Caterina e/o l'io narrante è una amica immaginaria
  • Ambientazione futuristica, Caterina è un'astronauta su una stazione orbitante o un pianeta sperduto, l'io narrante un visitatore/robot che può passare o restare acceso solo per poco tempo
  • Le due sono nonna e nipote

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