lunedì 16 aprile 2018

Lui ha un segreto

(scheda personaggio dall'esercizio Dettagli segreti)

Prima di rivelarti i suoi segreti con una scheda personaggio, ti ripropongo il racconto con cui Patrizio Boscoscuro ha esordito su questo blog.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Quando cominciai a lavorare al Carpe Diem Café, Patrizio Boscoscuro lo frequentava già da molto tempo. Questo, ovviamente, lo seppi solo più avanti. Nei miei primi giorni come cameriera sapevo solo che era un individuo sgradevole, diverso dal resto dei nostri clienti. Erano quasi tutti studenti universitari, ciarlieri e allegri, o impiegati che si fermavano per un caffè e sparivano in fretta.
Lui no, non era così.
Sedeva sempre allo stesso tavolo vicino alla finestra. Veniva da solo, ordinava qualcosa (di solito, niente che contenesse caffeina o alcool, e anche questo era bizzarro per uno dei nostri clienti) e restava lì anche una mezza giornata, con la sola compagnia del suo smartphone e di un blocchetto per gli appunti dalla copertina nera. Era più vecchio degli studenti che passavano da noi il tempo tra una lezione e l'altra. Mi sembrò sulla trentina, perciò all'inizio pensai che fosse un qualche tipo di professionista, uno di quelli dal nome inglese e complicato. Pensai che stesse lavorando.
Ma quando sbirciai il blocchetto, nel portargli un tè al ginseng, scoprii che aveva diviso la pagina in due colonne, "vecchio" e "nuovo". La prima colonna era quasi piena, nella seconda aveva scritto a malapena due righe.
Non riuscii a leggere il contenuto delle colonne, perché lui alzò gli occhi dallo smartphone, chiuse il blocchetto e mi liquidò con un affettato: – Puoi andare.
Quella fu la prima volta che mi diede sui nervi. Ma non fu l'unica.
Ogni tanto lo sorprendevo a fissarmi. Patrizio ha occhi scuri, di una sfumatura troppo fredda per essere definita marrone. Sono quasi più sul grigio, in realtà. Questo, unito al suo modo di fissare così intenso, senza quasi battere ciglio, come se ti stesse valutando, rendeva la cosa estremamente inquietante.
Lo riferii a una delle cameriere che lavoravano al café da più tempo, chiedendole se dovevo preoccuparmi, se per caso non si trattasse di un maniaco o qualcosa del genere.
– Sei proprio sicura che stia guardando te? Forse ti sei sbagliata, io non l'ho mai visto alzare gli occhi dal cellulare. Ad ogni modo, stai tranquilla, è del tutto innocuo.
Non mi fidai della sua rassicurazione. Parlando con le altre, venni a sapere il suo nome e pensai che fosse appropriato. Aveva proprio l'aria da Patrizio, quel fare snob, da nobile che il suo nome suggeriva. Era biondo, sempre perfettamente rasato, e indossava spesso un completo da uomo d'affari, camicia bianca, giacca e cravatta. Qualche volta, molto raramente, passava da noi con un paio di jeans e un maglione color crema, ma anche vestito così l'impressione era la stessa di sempre: un'eleganza altezzosa che traspariva da ogni gesto, da ogni occhiata, e dalle poche frasi che gli occorrevano per ordinare qualcosa con un tono di voce sgarbato, con un leggero rotacismo.
Continuai a sorprenderlo a fissarmi. Non sapevo perché lo facesse, che cosa volesse da me o quali pensieri sul mio conto nascondesse dietro i suoi occhi grigi.
Un giorno presi coraggio, mi sedetti di fronte a lui e sbottai: – Ora basta. Si può sapere che cavolo hai da fissare?
Lui mi rivolse lo sguardo indagatore di sempre e mi chiese, con un candore che giudicai fasullo: – Lo hai notato?
– L'ho notato sì, l'ho notato! E sarebbe meglio se tu la smettessi...
Patrizio scoppiò a ridere. Lo scrutai a occhi socchiusi, sentendo montare la rabbia. Quello che disse dopo mi sorprese.
– Scusa, non mi capita spesso. Questa è una novità. Gli altri non vedono mai quando li guardo.
Quello fu il giorno in cui capii che la mia prima impressione su di lui era completamente errata. Che la sua facciata di arroganza era solo questo: una facciata. Che conoscendolo meglio, il suo nome sembrava non descriverlo affatto. Scoprii il suo senso dell'umorismo, e compresi che, come la sua freddezza, aveva dovuto svilupparlo per affrontare il mondo sapendo quello che lui sapeva.
Patrizio e io parlammo a lungo, sia in quell'occasione, che in altre. Mi spiegò il senso delle due colonne, e il perché della prima quasi piena. Faticò a convincermi che non stava mentendo, che le assurdità che mi diceva erano vere. Mi spiegò da dove gli veniva la sensazione che tutto fosse già stato visto, fatto, vissuto.
Patrizio Boscoscuro ha un segreto. Ma sarei pazza a rivelartelo. E, tanto, se te lo dicessi, non mi crederesti.


Puoi trovare qui il secondo racconto, Perdersi a Natale.


Ognuno ha il suo metodo, e non sono tanti i dettagli che decido a priori. Il segreto di Patrizio Boscoscuro, ad esempio, mi era chiaro fin dall'inizio. Come quel dettaglio influenzasse la sua personalità, l'ho scoperto scrivendo. Qui sotto riassumo quello che so di lui (in corsivo i dettagli che non ho rivelato, ma che influenzano Patrizio Boscoscuro nei due racconti).


Volto


Nome: Patrizio Boscoscuro.
Ha 27 anni, ma dà l'impressione di essere più maturo rispetto ai suoi coetanei.
Ha occhi scuri, di un colore freddo, tendente al grigio. Capelli biondi, mantiene il volto curato e senza barba. Soffre di un leggero rotacismo.
Abiti: è solito indossare un completo elegante, camicia bianca, giacca e pantaloni scuri, cravatta sobria. Più raramente, jeans e maglione color crema. Può permettersi di acquistare abiti su misura in una sartoria.
Ha una cicatrice che nasconde sotto gli abiti (alla base della gola o sullo stomaco? Questo non lo so ancora).

Mente


Tende ad allontanare le altre persone, non si fa problemi ad apparire sgarbato, freddo o asociale. È un solitario e un osservatore, tanto da aver sviluppato l'abitudine di fissare gli altri quando non lo guardano. Grazie alle sue "vite precedenti" è in grado di notare schemi di comportamento e anticipare le mosse degli altri, e generalmente nulla lo sorprende; ma nel raro caso in cui accade, è una sorpresa piacevole, perché spezza la noia del sapere sempre tutto. Sapere quanto il passato si ripete lo ha portato a sviluppare una certa dose di umorismo, che però non emerge spesso: solo quando si lascia andare ed è a suo agio con chi ha di fronte.
Ha imparato a essere previdente, e a non sprecare tutte le "novità" in un colpo solo, ma a centellinarle poco per volta, riservandole alle occasioni speciali.

Cuore


Il suo obiettivo è vivere una vita non prevedibile, sperimentare cose nuove, ma senza essere troppo ingordo: Patrizio intende lasciare qualcosa anche a quelli che verranno dopo di lui. Da quando ha rivelato il suo segreto alla ragazza del Carpe Diem Café inoltre, gli interessa scoprire se può funzionare una relazione con qualcuno che lo conosca così a fondo.

Anima


(Qui è dove le cose si fanno davvero strane...) L'idea di fondo che avevo per il personaggio era quella di rivisitare il classico "simbionte" da fantascienza in modo che il legame tra le due creature non generasse due personalità distinte che possono dialogare o alternarsi nel controllo del corpo, bensì un'unica entità che condivide i ricordi delle vite precedenti sotto forma di sensazioni di déjà vu e di conoscenze implicite. Perciò ho immaginato un simbionte che provenisse da un periodo antecedente alla parola, estremamente longevo o presumibilmente immortale. Ha accumulato ricordi attraverso innumerevoli vite, passando da un ospite all'altro attraverso tutta la storia umana.
Quanto a Patrizio Boscoscuro, era un bambino come gli altri, che viveva in un condominio con i genitori di fronte a un eccentrico dirimpettaio, un signore molto strano con uno bizzarro gusto nel vestiario ma sufficientemente gentile e innocuo da affidargli il ragazzino in caso di necessità.
Patrizio aveva dodici anni quando il vicino, in punto di morte, gli ha passato il simbionte e il resto del suo patrimonio. Da un giorno all'altro Patrizio ha iniziato a capire meglio gli adulti, ma anche a trovare tante cose "da bambini" molto meno divertenti. Si è fatto serio, più maturo dei suoi anni, ma anche perennemente frustrato dalla sensazione di noia.
Un paio di anni dopo ha cominciato ad affrontare la sua situazione in maniera più "scientifica", a tenere appunti in un blocchetto, classificando le esperienze che gli sembrava di aver già vissuto e quelle che gli parevano sconosciute. Si è allontanato dalla famiglia di origine, e ha approfittato degli anni dell'università per viaggiare e trovare una sua indipendenza. Non gli piace restare a lungo in un posto e si è trasferito più volte.
Da quando è arrivato in città frequenta il Carpe Diem Café nei giorni feriali, dove siede sempre allo stesso tavolo, non ordina caffè né alcolici, bensì le novità e le bevande più inconsuete del menù. Passa il suo tempo lì non soltanto a osservare i clienti e a compilare le liste del suo blocchetto: sfrutta la sua conoscenza degli schemi e del comportamento umano anche per giocare in borsa e scommettere, o lavorare come consulente, in modo da poter conservare del denaro da poter consegnare al suo successore. Nei giorni festivi si concede un "cambiamento di programma" e sceglie un altro tra i locali della città, mentre festeggia il Natale in modo non tradizionale, scegliendo una località sconosciuta in cui perdersi.
Quando pensa al simbionte, lo sente come una parte di sé, come un arto, o un polmone, o il cuore, e in questo modo lo ha spiegato alla ragazza del Carpe Diem Café. Non lo descrive in termini di io/lui più di quanto una persona normale non potrebbe parlare così di un proprio organo. Per quanto riguarda i precedenti ospiti umani del simbionte, Patrizio li percepisce come sue "vite precedenti", "altri sé", di cui però non ha che vaghe reminiscenze. Pensa anche, ogni tanto, ai suoi "sé futuri", verso cui sente il dovere di lasciare buoni ricordi e tante esperienze da vivere per la prima volta, sapendo che almeno una parte di lui sopravvivrà nel simbionte.

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