lunedì 19 marzo 2018

Un gesto altruista

(racconto ispirato dall'esercizio Una persona da scrivere)

Le prime parole che mi sono venute in mente osservando quello sconosciuto sono state:

Aveva la tipica camminata da sceriffo spaziale, quell'andatura tronfia e dondolante che i racconti attribuiscono di solito agli arturiani. Ma lui era umano, brizzolato, e con il sorriso sotto i baffi di chi sa qualcosa di quell'arretrato pianeta che tutti i suoi abitanti ignorano.
Appeso al collo, un visore a infrarossi camuffato da comuni occhiali da vista. Faceva tintinnare un mazzo di chiavi dimensionali in mano e aveva fretta: andava a incontrare una donna.

Arrivata a questo punto, però, ho deciso di cambiare personaggio e ambientazione. E l'ho riscritto e continuato come puoi leggere qui sotto.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


L'uomo saliva tranquillo le scale del condominio con la camminata ondeggiante e tronfia di chi è perfettamente a suo agio, a casa propria. A ogni passo, un paio di binocoli gli dondolava al collo. Sorrideva sotto i baffi, facendo tintinnare nella mano destra un mazzo di chiavi, e rivolse un cenno di saluto a un giovanotto che percorreva le scale in direzione opposta, e che non lo guardò una seconda volta. Tutto normale, tutto regolare, si disse l'uomo, passando una mano tra i capelli brizzolati. I vicini non hanno più il tempo di conoscersi l'un l'altro, soprattutto in palazzi grandi come quello.
Era la prima volta che l'uomo entrava in quell'alveare di appartamenti. E ci andava per incontrare una donna.
Si fermò di fronte alla porta, scelse una tra le chiavi universali del suo mazzo e la infilò nella serratura. Non girava. L'uomo ne provò un'altra, poi abbassò la maniglia e scoprì che la porta era aperta. Troppo facile. Ficcò il mazzo di chiavi in tasca, entrò e chiuse la porta dietro di sé.
In cucina, un fornello acceso sibilava sotto il risucchio d'aria della cappa, e le cipolle soffriggevano in padella, rilasciando nell'aria un vapore mefitico. Una donna rotondetta, con corti ricci castani e un grembiule blu sopra una canotta e un paio di jeans gli dava le spalle, indaffarata a far scivolare da un tagliere alla padella le verdure sminuzzate.
L'uomo attese che la donna posasse il coltello e si spostasse al lavello, prima di parlarle in tono disgustato: – Mi meraviglia sempre come voi, tutti voi, finiate col trascurare uno dei vostri corpi.
La donna si voltò e fissò a occhi sgranati l'uomo sulla soglia della cucina. – Vattene... vattene via! –  sbottò. – Mio marito sta per tornare...
L'uomo scosse la testa e indicò il binocolo appeso al collo. – Non mentirmi. Tu vivi da sola, Zondra. Lo so.
La donna fece una risata nervosa. – Hai sbagliato persona. Io non sono...
– Di nuovo, non mentirmi – la interruppe l'uomo, avanzando a lenti passi. – Andiamo. Un blog sulle tue fantastiche avventure, Zondra? Dovevi aspettarti che uno di noi prima o poi lo avrebbe trovato.
La donna fissò il coltello sul tagliere. Si mosse per prenderlo, ma l'uomo le bloccò la mano sinistra sul ripiano con la sua. Lei allungò la destra, lui la catturò nel pugno e rise.
– Non mi sei mai piaciuta, Zondra – disse l'uomo. – Tu meno di tutti. Così presuntuosa, così egoista.
L'uomo la costrinse ad alzare le mani, poi la spinse indietro. La donna cadde e batté la testa. Frastornata, cercò di trascinarsi via, lontano dal suo aggressore, mentre mugolava frasi sconnesse: – No... lasciami... farò come vuoi, ma ti prego...
L'uomo afferrò il coltello, la raggiunse, la girò sulla schiena e si sedette a cavalcioni su di lei, bloccandole le gambe. Calò il coltello verso il grembiule blu sul suo petto.
Ansimando, la donna gli afferrò il polso con entrambe le mani e lo respinse con tutte le sue forze.
Sul fornello, il soffritto abbandonato a sé stesso iniziava a emanare puzza di bruciato.
– Non resistermi. Sappiamo tutti e due come finirà, Zondra. Tu morirai. – L'uomo sogghigno, trattenendo senza sforzo la lama dov'era. – Ma voglio darti una possibilità, l'ultima, di fare almeno una volta nella vita un gesto altruista. Ti dirò il mio nome, quello che ho dall'altra parte. Puoi restare qui a tentare di respingermi finché non ti stanchi e crepi, o puoi sfruttare gli ultimi istanti che ti restano, concentrarti sull'altra vita e dire a qualcuno chi sono, se ci riesci.
L'uomo appoggiò anche l'altra mano sull'impugnatura del coltello e le sussurrò il suo nome.

Nel grande archivio nell'ufficio-prigione di Arend, Zondra alzò gli occhi neri dal dischetto di dati che stava studiando e urlò: – Me...!
Poi si accasciò sul tavolo, e non si mosse più.

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