giovedì 3 agosto 2017

Toccare per credere

Non ci crederai, ma l'esercizio che ti ho proposto è la mia variante di uno a cui partecipai anni fa, e non durante un corso o un laboratorio di scrittura creativa. Era qualcosa di un po' più... insolito, per me. Te lo dirò. Ma non subito. Prima, raccogliamo un po' le idee sull'unico tra i sensi a essere esteso all'intera superficie del nostro corpo.

Ho lasciato il tatto per ultimo, eppure è il primo mezzo con cui conosci il mondo, e quello di cui ti fidi quando dubiti degli altri. Non a caso si dice "toccare con mano", o anche "sto sognando, dammi un pizzicotto!". Quando senti qualcosa "a pelle", non c'è bisogno di spiegarlo a parole.

Ogni lettore te lo saprà dire. Avere un libro fra le mani, sfogliarlo, è un piacere che nessun e-book può sostituire. E che dire del riscaldarsi con una tazza di cioccolata tra le mani in inverno, o della carezza liquida di un'onda fresca nella torrida estate? Dell'abbraccio di un amico, o della consistenza, quella giusta, del proprio materasso e del proprio cuscino? Nessun altro letto sarà mai come il tuo.

Crescendo, impari a non far caso a buona parte delle sensazioni tattili che quotidianamente ti avvolgono (pensa ai vestiti, a un soffio d'aria sulla pelle, ai tuoi piedi nelle scarpe o ai gomiti appoggiati sul tavolo). A meno che qualcuno non te le ricordi, o che qualcosa di spiacevole come una scarpa stretta o il troppo caldo non attragga la tua attenzione, passi il tuo tempo a ignorare quelle percezioni.

Eppure non è sempre stato così. Da bambino sentivi tutto, senza filtri. Il tatto è un senso primitivo, ancestrale, infantile. I bambini toccano qualunque cosa gli capiti davanti. Prima di imparare che non si fa, che non va bene, i bambini si aggrappano, stringono, afferrano.

Cerca di ricordare. Quante volte nella tua vita hai sentito il bisogno di toccare una persona, un animale, un oggetto? E quante volte hai provato un moto di repulsione di fronte a quel cartello, o alla voce di un adulto che ti dice "non toccare", che impone una barriera artificiale tra te e il mondo?

Per l'esercizio di scrittura che ti ho proposto, Questione di tatto, devi un po' tornare bambino. Ignorare quello che sai del mondo e tornare ai suoi elementi di base. Caldo-freddo, ruvido-liscio, duro-morbido. Nessun pensiero astratto, nessun preconcetto, solo tu, le tue mani, e un ignoto pezzetto di mondo da esplorare. Pensa come un neonato. Mettiti nei suoi panni.

Era questo lo scopo dell'esercizio o meglio, del gioco, la prima volta che vi ho partecipato, a un corso di sostegno alla genitorialità in cui facevo da assistente durante un tirocinio. Capire come un neonato percepisce il mondo. Da quell'universo senza parole, tu e io che di parole viviamo, possiamo ritornare più consapevoli di ciò che ci circonda, per descriverlo da una prospettiva nuova. O meglio, antica.

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