sabato 17 marzo 2018

Habanera

La lettera acca mi farà impazzire, con i pochi termini veramente italiani che puoi trovare in un dizionario, e quasi tutti troppo noti per essere scelti come parola del sabato. Tocca trovarne uno mutuato da un'altra lingua, ma entrato nell'uso comune... almeno per il suo ambito specifico.

Habanera s.f. spagn. (pl. habaneras); in it. s.f. (pl. orig.) mus. Ballo lento, simile al tango, di origine cubana.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Naturalmente, trattandosi di una danza con un suo retroscena geografico e culturale, non sarebbe facile inserirla in una storia ambientata in un mondo diverso dal nostro, a meno di non riuscire a trovare una spiegazione per la sua esistenza. L'ideale è scrivere di un mondo come il nostro, o il più possibile simile. La nostra Terra, con qualche differenza. E una volta scoperto che l'aria della Carmen L'amour est un oiseau rebelle è una habanera, sapevo a quali personaggi affidare il brano di oggi.


Era pericoloso. Molto. Ma a quel punto, ero ormai assuefatta al correre rischi.
Perciò, quando Sharona mi propose di andare a vivere assieme, io accettai.
– È un po' piccolo, ma sai come si dice... ci si sta, stringendosi un po'.
Amavamo entrambe la musica. Era ciò che ci univa, al di là di una certa attrazione fisica; perciò fu solo naturale che ci mettessimo a pulire il nuovo appartamento con il sottofondo di una radiolina.
Quando attaccò la habanera della Carmen, quella sensuale danza su e giù lungo i fianchi della lingua più provocante al mondo, iniziai a ondeggiare lo spolverino e il fondoschiena a ritmo della lirica.
Sharona sbirciò e rise. – Finiremo col non combinare nulla se mi distrai in questo modo, sai?
Ghignai, le feci una linguaccia e continuai, esagerando apposta le mie mosse.
Sharona appoggiò la scopa al muro, mi raggiunse e mi tolse lo spolverino di mano. Mi girai tra le sue braccia.
– Se devi ballare, almeno fallo bene – mi disse. Strisciò indietro il piede sinistro e io la seguii, impacciata. Non sapevo dove mettere le mani, come muovere le gambe, al contrario di lei che ancheggiava agile ed elegante.
Non era fatto di quello, mio mondo. Il mio mondo era fatto di spade, di scudi e incantesimi. Quando stringevo l'elsa di Fulmine Blu nel pugno, era allora che sapevo come danzare con il mio avversario. La spinsi indietro e Sharona inarcò la schiena in un ampio giro e poi si raddrizzò. Lei era concentrata nel ballare la habanera. Io, invece, non potevo fare a meno di pensare all'altra me, quella sicura e forte. Di vedermi menare un fendente, parare, affondare un colpo. Vérys la Saetta Azzurra, mi facevo chiamare. E, tranne qualche batosta presa da un avversario o due che avevo sottovalutato, ero piuttosto brava nel gioco.
Ma questo Sharona non lo doveva sapere. Avrei dovuto nasconderle i lividi, non dirle nulla di dove andavo quando non ero con lei. Era pericoloso, vivere assieme.
Ma non era il primo rischio che correvo, e non sarebbe stato l'ultimo.

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