sabato 10 marzo 2018

Galaverna

Ricordo che una volta sono passata in una valle racchiusa tra i monti, e ovunque guardassi vedevo solo alberi bianchi, ricoperti dai cristalli di ghiaccio che avevano raccolto durante la notte. Uno spettacolo impressionante e magico. Non avevo parole per descriverlo allora, ma ora ne ho una. Eccola qui: galaverna.

Galaverna [ga-la-vèr-na] s.f. region. Ghiaccio che si forma su alberi, foglie e oggetti rimasti all'aperto.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Per il brano che accompagna la parola di oggi non ho dovuto pensarci troppo, avendo già a disposizione qualcuno come Neve. Mi è venuta in mente lei appena ho letto la definizione, e come il protagonista del racconto ho seguito le sue impronte per vedere dove mi conduceva.


Ero uscito per rinforzare le barriere che proteggevano il rifugio. Era un compito talmente facile da risultare noioso, alla lunga: sostituire gli amuleti spezzati con i nuovi gingilli preparati da Belial e spruzzare su tutti la mistura nauseabonda della boccetta di vetro scuro. Lo facevo almeno una volta al mese, e di solito non avevo motivo di restare fuori più a lungo del tempo che occorreva per completare il giro della casa, né di allontanarmi dal perimetro.
Ma vidi le impronte.
Piccole orme di piedi tracciate in cristalli di brina.
Partivano da dentro il perimetro, da quello che rimaneva del vecchio pozzo, e puntavano dritto verso l'esterno, oltre il cerchio di protezione e più avanti, tra gli alberi, dove i passi si perdevano tra felci e arbusti. Sapevo cosa significava.
Neve.
Neve era tornata, e sembrava che volesse invitarmi a seguirla.
Non mi fidavo abbastanza di lei da non considerare l'eventualità di una trappola. Prima di seguire le orme, mi armai.
Due amuleti di protezione al collo, per nascondermi ad altri occhi.
Biancospino avviluppato a un chiodo contro gli incantesimi.
Rete di corda di campana, ornata da rune incise nel ferro, per impedirle di scomparire.
Lanterna con una candela bagnata da lacrime di cieco, per rischiarare la strada e rivelare gli inganni, magici e no.
Per la prima volta, non andavo a un nostro incontro impreparato. O almeno, così pensavo.
Avevo sottovalutato quanto potere Neve avesse sul suo elemento. Più m'inoltravo nella foresta e più i rami si ricoprivano di un manto di lucente galaverna. Cristalli gelidi e affilati, che intrappolavano le foglie verdi di una primavera inoltrata in un impossibile inverno.
Gli alberi erano candidi. L'erba gelata scrocchiava sotto le mie scarpe.
Una voce stridente come graffi su una lavagna calò da sopra la mia testa.
– Ti piace il mio mondo, Infero?
Guardai in alto. Su un ramo a tre metri da terra, acciambellata in un nido di galaverna, una donna bianca come la neve mi fissava con occhi dalla pupilla verticale.

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