sabato 23 settembre 2017

Errabondo

Il suo suono è quasi comico, e sembra una parola costruita ad arte per divertire. Eppure esiste davvero, e se pronunciata col giusto tono, può assumere una sfumatura aulica, dal sapore antico.

Errabondo [er-ra-bón-do] agg. non com. Errante, vagabondo.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


A volte inizio con una frase, e neanche so chi dei miei personaggi possa averla detta. Mi ci vuole un po' prima di ricevere altri dettagli e identificare di chi si tratti. A volte proprio non riesco a capire chi sia, oppure scopro che è qualcuno di nuovo, di cui non avevo mai scritto. Questo è uno di quei casi.


Sono nata sotto una stella errabonda, o almeno, questo è ciò che mi hanno detto. Forse è il motivo per cui continuo a mettere un piede avanti all'altro lungo il mio sentiero. Proprio come uno squalo che non può smettere di nuotare, io non posso smettere di viaggiare.
Il suono dei miei passi è il mio compagno prediletto. Amo il fruscio leggero dell'erba sotto le suole quando attraverso i prati, almeno quanto il secco rintocco  di una liscia strada di pietra. Lo stridio della ghiaia che si smuove al mio passaggio, i sassolini che scivolano l'uno sull'altro in un ritmo sempre vario, mai uguale a se stesso, è un piacevole diversivo alla monotonia dei marciapiedi cittadini. E quando, appena piovuto, mi avventuro lungo un sentiero di fango e pozzanghere, mi capita di pestarle apposta per sentire, divertita come un bambino, il tonfo del mio stivale in quei pochi centimetri d'acqua.
Ogni stagione ha la sua sinfonia. D'inverno la neve ha uno scricchiolio sottile, traditore. Io preferisco l'autunno. È l'autunno la stagione migliore per camminare, il primo autunno, con le foglie ancora croccanti depositate a terra da alberi assonnati. Allora mi abbandono a pensieri errabondi e percorro la mia strada a passo di danza, suonando coi piedi lo strumento effimero di foglie rosse e dorate che si sbriciolano in miriadi di frammenti impalpabili.

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