giovedì 6 luglio 2017

Scritto e gustato!

Fra tutti i sensi, il gusto è probabilmente il meno rappresentato tra le pagine.

A meno di non avere fra le mani un libro di cucina. Quando si tratta di storie e personaggi, il gusto compare in una descrizione solo in caso di colazioni, pranzi, cene, spuntini o assaggi. O nel bel mezzo di una scazzottata quando, dopo aver incassato un pugno, Jeff sentì in bocca il sapore metallico del sangue. Gusto che può andar bene anche se si scrive di un vampiro, ma così si ritorna a cene e spuntini e si chiude il cerchio.

Per l'esercizio di lunedì, Assaporare un concetto, avrei potuto proporre di descrivere o ambientare una scena durante un pasto. Ma in questo caso, dentro quel cerchio ci sarei rimasta.

Avrei potuto prendere spunto da un esercizio che ho trovato altrove, e che richiedeva di descrivere il proprio cibo preferito usando tutti i sensi, tranne il gusto. Può risultare un esercizio interessante, soprattutto considerando di dover giustificare, nel testo, il motivo dell'assenza (è un sogno? un piatto altrui? il personaggio ha le papille gustative bruciate? o è un androide?). Così però avrei perso il punto dell'esercizio, ovvero di aumentare la presenza del gusto nella descrizione, non di annullarla.

Per uscire dal cerchio ma mantenere il senso, era necessario qualcosa di un po' folle. Fuori dall'ordinario. Dare sapore a quello che nemmeno si può toccare.

Potresti pensare che sia un esercizio futile in termini di una storia, giusto una prova di stile. Un gioco che non entrerà mai a far parte di un racconto. Ti sbagli.

Senza arrivare a scrivere di un personaggio dotato di una forma di sinestesia che coinvolga il gusto (e ce l'ho... non mi faccio mancare nulla!), i sapori possono servire a dare concretezza a concetti altrimenti inafferrabili. Ecco alcuni esempi presi dal blog e dal romanzo che sto scrivendo, alla sua ultima fase di editing.

Il gusto può rivelare un incantesimo: "...ma lo sento, il turbine di rabbia che la circonda. Ha increspature elettriche e un sapore amaro."

Evocare uno stato d'animo: "Cerco nei meandri della mente una di quelle volte di cui non ho memoria, cerco il sapore del sangue, cerco la furia."

Dare il senso di una condizione di spossatezza o malessere: "...si umettò le labbra screpolate. Aveva uno sgradevole sapore in bocca, di polvere e marcio."

Senza dimenticare le metafore che coinvolgono questo senso:
"...non avrai fatto del male a nessuno, e sarà stato soltanto uno scherzo di pessimo gusto."
"Lo schermo però non ha lo stesso sapore della carta, non ha la stessa concretezza e non mi dà lo stesso piacere dello scorrere di una penna."
"Cantare dà sapore alle cose."

Giusto per citare alcuni esempi. Ma l'impiego di questo senso al di fuori dell'ambito "cibo" non si ferma qui, ed è limitato solo dalla fantasia di chi scrive.

Ora tocca a te. Il tuo personaggio "mangia libri di cibernetica e insalate di matematica"? Divora i giorni di lavoro per arrivare più in fretta al fine settimana? "Assaggia l'arcobaleno"? O è un perfido demone che si diverte a insinuare nell'animo umano i più torbidi vizi, per poi gustare il frutto di quei peccati quando sono maturi?
Qualunque sia il suo "piatto preferito"... coraggio, racconta!

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