giovedì 20 luglio 2017

Aver fiuto per la scrittura

L'olfatto è il più ineffabile dei sensi. Gli odori sono difficili da descrivere a parole. Sfuggono alle definizioni.

Ovvio, se ne conosci la fonte, puoi sempre identificarli nominandola. Profumo di gigli. Aroma di caffè. Tanfo di fogna. Se sono odori noti sia a chi scrive, che a chi legge, tutto bene. Ma come si fa quando il tuo narratore si ostina a descrivere olfattivamente il salone di un castello con le parole "fragranza di fata" o "fetore della tana di un troll"? Non è cosa da tutti avere una fata o un troll sottomano da poter annusare per rinfrescarsi la memoria.

Se pensi agli altri sensi, ti verranno subito in mente definizioni esatte e comprensibili. Persino per il gusto: dolce, salato, aspro, piccante, sono termini che ti può capitare di pronunciare nella vita di tutti i giorni. Quanto all'olfatto, forse è una mia impressione, ma mi sembra che il lessico, che pure esiste, sia rimasto un po' confinato agli addetti ai lavori. I profumieri: fruttato, fiorito, agrumato... I sommelier: tannico, oltre a tutti i paragoni con frutta e fiori. Ma i paragoni sono appunto ciò che rimane ai non addetti ai lavori per descrivere un sentore sconosciuto che raggiunge le loro narici: "un odore come di plastica nuova... hai presente? Ma anche un qualcosa di più delicato, come un fiore... tipo fresia, ecco."

Il senso dell'olfatto trasposto sulla pagina solleva un altro problema, oltre a quello del riuscire ad afferrarlo e a metterlo dentro una serie di parole. Ed è una certa timidezza nell'inserire in una storia il lato più sgradevole dello spettro di ciò che può capitare di annusare. Nessuna remora nel descrivere una visione orrenda, un suono stridente, un dolore atroce o un sapore disgustoso. Con meno frequenza leggo pagine di autori che si soffermano su ciò che i nasi dei loro personaggi devono subire mentre si rifugiano nelle fogne, o attraversano la Palude della Morte. E il giorno che mi è capitato in mano il libro che continuamente mi ricordava quanto poco profumata fosse l'atmosfera attorno alla protagonista, ho anche letto una recensione che lamentava proprio l'enfasi del romanzo sugli odori meno gradevoli. Nessuno ha la macchina del tempo per verificare, ma dubito fortemente che nel medioevo gli accampamenti di mercenari e i campi di battaglia profumassero di fiori.

L'olfatto è il più ineffabile dei sensi, ma è anche il più ancestrale, e nel cervello è più di altri collegato ai ricordi. Basta un effluvio indefinibile ad aprire un baule di memorie che credevi perdute. Basta anche solo immaginarlo, a rammentarmi della mia insegnante di italiano alle medie, che ci teneva i pomeriggi sui banchi a riempire quaderni di elenchi di verbi, nomi e aggettivi legati ai cinque sensi, sì, anche all'olfatto, per poi inventare righe e righe di frasi d'esempio. Su quegli elenchi ho costruito chi sono oggi, e grazie anche a insegnanti come lei ho imparato ad amare la varietà della lingua italiana.

Ora scusami, ma devo andare alla ricerca di un quaderno.

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