giovedì 30 marzo 2017

Perché inventare parole?

Forse ti sarà passato per la testa leggendo l'esercizio di lunedì, forse no. Perché inventare parole che non esistono quando la nostra lingua ne ha già così tante di meravigliose, molte delle quali poco usate? Perché invece non tirar fuori dal dimenticatoio alcune di queste ultime?

Io ho più di una risposta. A seconda del tipo di parola inventata a cui ci si riferisce.


Parole che potrebbero appartenere alla lingua in cui si scrive, ma che non esistono nel dizionario

Sono pochi i bambini che non abbiano mai "inventato" una parola, fuso due termini in uno solo o trasformato una forma verbale da irregolare a regolare. I loro primi tentativi di espandere il vocabolario di solito restano confinati agli aneddoti di famiglia, ma talvolta qualcuno trova la via di un libro di strafalcioni di un maestro indiscreto, o diventa estremamente famoso (se hai detto petaloso, sì, pensavo a quello).
Tutte queste parole inventate seguono le stesse regole e costruzione della lingua di origine, e dimostrano come i bambini ne abbiano appreso la struttura.

Tutto bene finché si è piccoli e si può sbagliare in modo creativo.

Ma quando è un adulto a scrivere una o più di queste parole inesistenti in un testo? Significa che, tanto per citarne qualcuno di famoso, sta percorrendo la stessa strada di Lewis Carroll con il suo Jabberwock (tradotto in italiano in vari modi, il più noto dei quali è "Ciciarampa") o di Fosco Maraini con la sua Gnòsi delle Fànfole. Non è un caso che entrambi abbiano usato le loro parole in poesia. La poesia è il mezzo espressivo che più consente di giocare con la musicalità e il ritmo di una lingua, ed è anche quello che permette di offrire al lettore una maggiore libertà di interpretazione. Ecco che, come in un quadro astratto o in una macchia del test di Rorschach, puoi scoprire i tuoi significati nelle loro parole impossibili, leggerle e capirle alla tua maniera, senza bisogno di un dizionario fornito dall'autore.


Parole che potrebbero appartenere a una lingua straniera diversa da quelle note a chi la crea

Ho già scritto altrove che dare a una creatura o a un mondo di fantasia un nome in una lingua straniera esistente (inglese, per la maggior parte degli esordienti italiani) è un controsenso. A meno che non lo si possa giustificare all'interno della storia in qualche modo, sempre meglio "tradurre" il nome estraneo nella nostra lingua, o... lasciarlo così com'è, nella sua "lingua originaria". Che sia elfico, nanico, un idioma alieno o qualunque altro linguaggio la tua fantasia ti abbia suggerito.
Da qui la necessità inventare e inserire nel testo parole nuove, che non somiglino affatto a quelle esistenti nella lingua in cui scrivi.

A seconda di ciò di cui hai bisogno puoi limitarti a creare i nomi di alcuni personaggi venuti da un'altra dimensione, aggiungere di tanto in tanto "parole intraducibili" o esclamazioni nella loro lingua, oppure... costruirla per intero, che sia per un tuo sfizio personale o per la necessità di usare intere frasi in un dialogo. Troppo difficile, possono riuscirci solo Tolkien, Zamenhof e pochi altri?
Non necessariamente. Se sei curioso o interessato a provarci puoi dare un'occhiata a questo Kit di Costruzione dei Linguaggi e scoprire che quel vizio segreto... non è poi così segreto quanto pensi.

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