giovedì 17 novembre 2016

Mostrare, non raccontare

"Mostra, non raccontare", è il consiglio che ogni aspirante scrittore si sente ripetere fino allo sfinimento. Ma che cos'è mostrare, e cosa raccontare?

Stai mostrando quando usi il dialogo diretto, quando descrivi le azioni di un personaggio e cosa vede, sente, tocca, prova; stai mostrando quando sei più specifico e fornisci dettagli concreti, quando permetti a chi legge di immergersi nella vicenda dimenticando le parole, di ricostruire visivamente il mondo in cui è ambientata la storia, di immaginarne i profumi e i sapori.

Stai raccontando quando usi dialoghi indiretti, quando resti sul vago e tagli corto, esprimi un giudizio o ragioni su concetti astratti; stai raccontando quando il suono delle parole è più pressante e forte del loro contenuto, quando chi legge riesce a sentire il timbro della voce narrante, percepirne il ritmo e l'intonazione, come se qualcuno gli stesse sussurrando all'orecchio.

"Mostra, non raccontare" è una buona regola, perché dà vita a un tipo di scrittura più coinvolgente. Ma non tutto può essere mostrato, e non sempre raccontare è quell'atroce bestialità che sembra a prima vista. Ho letto storie raccontate in modo egregio, con una voce narrante ironica e musicale, che non si vergognava di interrompere la storia per rivolgersi al lettore, commentare e rivelargli segreti che il resto dei personaggi non avrebbe mai lontanamente immaginato. Come fosse un confidente, un amico.

E allora quando (e quanto) mostrare, e quando raccontare? Cercando in rete fra gli articoli di scrittori affermati o lettori attenti le opinioni sono le più disparate, la mia risposta è un generico... dipende. Dipende dall'effetto che vuoi ottenere.

Nel caso del racconto di lunedì, Sentirsi, il mio scopo era costruire un percorso sensoriale che esaltasse udito, olfatto, gusto, tatto, e sminuisse la vista: quindi una prevalenza di testo scritto in modo da mostrare, che però non risultasse troppo dettagliato o pesante (cercavo anche la continuità di stile con l'incipit, così leggero e delicato).

Non sono del tutto soddisfatta. Rileggendo a distanza di anni mi rendo conto dei punti in cui avrei potuto mostrare, e invece ho raccontato. Ad esempio, la frase "Subito il mondo la circonda: voci, passi, odori, colori.". Troppo vaga, quando bastava inserire giusto un paio di dettagli, il ticchettio ritmato di un'elegante bionda in un tubino nero che al suo passaggio profuma il marciapiede di una dolciastra zaffata alla violetta, il risucchio di un bimbo di quattro o cinque anni con un brick di succo tra le mani che muta in un gorgoglio, e la madre dalla maglietta a righe rosse e bianche come la cannuccia che si china e sbotta: "Adesso basta Samu', o la smetti di giocare e te lo bevi, o me lo riprendo e me lo bevo io!" Non è necessario mostrare ogni singolo passante che la protagonista incrocia, ma è già diverso scriverne almeno due o tre invece di lasciare una descrizione astratta e generale. Stessa cosa per i frammenti di conversazione al bar, o per la preparazione della cena.

Un caso in cui ho mostrato invece di raccontare, e ne vado fiera, è il punto focale del racconto. A volte mi chiedo se ho mostrato abbastanza per farlo intuire, ma non ho scritto mai, in nessuna parte del racconto: Andrea (nome scelto in velocità, ispirato non a un Andrea nella mia vita, bensì al celebre Bocelli) è un non vedente. L'ho mostrato in tanti piccoli dettagli che si avvicinano sempre di più, dalla reazione di lei ai colori, al suo correggersi nel descrivere la camicia, all'importanza del fatto che lui conosca bene la casa di lei per potersi trasferire, l'esplorazione del volto e infine gli occhi di lui. Come una telecamera che fa una zumata per stringere su quel particolare.
Spero di essere riuscita a renderlo così come lo avevo in mente.

Ti lascio con tre frasi del racconto che ancora oggi mi colpiscono in modo particolare, e sono grata a qualunque musa abbia voluto donarmele. A lunedì per il prossimo incipit, e per qualunque considerazione, domanda, spunto di riflessione o... se la frase che è piaciuta a te non è tra queste e vuoi dirmelo, scrivimi un commento!

Il telefono è una farfalla nella sua borsa, lieve e senza voce.
La prima volta è stato per sfida; ora, da quando c’è lui, dello zucchero non ha più bisogno.
Cantare dà sapore alle cose.

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